giovedì 15 gennaio 2009

Viva Topolin


Stamattina i miei familiari mi hanno condotto nella foresta di Sherwood, dovevo mettere una firma perché potessero prelevare dei soldi, credo.
C’era un signore completamente calvo e con il volto da assicuratore che, rivolgendomi un sorriso, mi diceva cose tipo:
- Chi va lontan da la sua patria, vede
cose, da quel che già credea, lontane;
che narrandole poi, non se gli crede,
e stimato bugiardo ne rimane:
che 'l sciocco vulgo non gli vuol dar fede,
se non le vede e tocca chiare e piane.
Per questo io so che l'inesperienza
farà al mio canto dar poca credenza.
E cercava così di convincermi della bontà di ciò che proponeva, all’ottimo Tasso (ma in realtà si trattava di ben altri) del 3,27%.
Che dire, non sapevo granché risponder, per cui mi difesi in tal maniera:
- Magnanimo Signore, ogni vostro atto
ho sempre con ragion laudato e laudo:
ben che col rozzo stil duro e mal atto
gran parte de la gloria vi defraudo.
Ma più de l'altre una virtù m'ha tratto,
a cui col core e con la lingua applaudo;
che s'ognun truova in voi ben grata udienza,
non vi truova però facil credenza.

E lui insisteva spiegandomi quanto fosse conveniente la polizza e io impaurito mi ritiravo ove la selva si faceva più scura.
Così dintorno a te, marzio Pelìde,
gli Achei metteansi in punto appo le navi,
e i Troi del campo sul rïalto. A Temi
Giove allor comandò che dalle molte
eminenze d'Olimpo a parlamento
convocasse gli Dei. Volò la Diva
d'ogni parte, e chiamolli alla stellata
magion di Giove. Accorser tutti, e, tranne
il canuto Oceàn, nullo de' Fiumi
né delle Ninfe vi mancò, de' boschi
e de' prati e de' fonti abitatrici.
Giunti del grande adunator de' nembi
alle stanze, si assisero su tersi
troni che a Giove con solerte cura
Vulcano fabbricò. Prese ciascuno
cheto il suo posto;

La decision da prender fu grave e non me ne diedero conoscenza che mi ritrovai come in un sogno dentro una edicola di poco distante la sede assicurativa.
Acquistato Topolino me ne tornai, coi miei familiari, donde venivo.

mercoledì 7 gennaio 2009

Addio miei cari Baffi


Addio miei cari baffi.
Così vi ho salutato, ma è un arrivederci, perché prima o poi invecchierò e allora sì che potrete pascere sul mio muso.
Vi dirò, miei cari, “benvenuti voi siate sotto il mio naso e quando sentite freddo fate un fischio che vi sbuffo sopra”.
Ci sarà una pipa lì a farvi compagnia e insieme coloreremo il nostro mondo di quel giallo pallido ormai dimenticato e così liceale.
Il giallo che avevo tra le dita.
No, non disperate miei cari, il tempo stringe e ci vorrà poco ormai perché sia primavera.
Sapete, qualche capello bianco già si fa vedere e la mia fronte è sempre più socratica nella forma che la materia se ne dissocia con vari insulsi insulti e sberleffi.
Addio miei cari peli, quanti luculliani banchetti abbiamo condiviso in questi anni.
Vi ricordate quel pezzo di pesce spada che non ne voleva sapere di staccarsi e io che insistevo con la punta della lingua?
Ah, bei tempi andati, sembrano secoli e son pochi dì.
E le bevande? Non era Bacco che sostava al calduccio mentre vi appoggiavo ai calici?
Addio miei cari baffi, ormai son troppo giovane per voi.